Quaranta capitoli più 100 domande e risposte. Si tratta dell’autobiografia di Luciano Moggi (con Andrea Ligabue), intitolata Il pallone lo porto io, e in uscita con Mondadori. L’ex dirigente della Juve (e, in precedenza, del Napoli) fornisce la sua versione in merito ad alcuni fatti entrati nella storia del calcio nostrano. E mette nero su bianco giudizi taglianti su colleghi, calciatori, allenatori e arbitri.
Nel libro Moggi ammette che il 26 aprile 1998 l’arbitro Ceccarini sbagliò a non concedere il famoso rigore per il fallo di Iuliano su Ronaldo in Juventus-Inter, ma racconta di aver provato “veramente disgusto” per la reazione dei nerazzurri; quindi conferma quanto già rivelato da Sandro Mazzola recentemente (potete ascoltarlo nel video): Moggi aveva firmato un contratto (oggi custodita nella cassaforte di casa sua) con il presidente Massimo Moratti nell’ottobre del 1998 per passare all’Inter, ma a far saltare la clamorosa trattativa fu la cessione di Moriero.
Infatti, stando alla ricostruzione di Moggi, Moratti gli chiese, quando ancora non era alle sue dipendenze, di fargli un favore e di vendere Moriero. Dopo aver piazzato il giocatore al Middlesbrough, Moggi scopre che nel frattempo Moratti ha fatto firmare a Moriero il rinnovo del contratto. Provocando la sua reazione infastidita:
Non posso dirle “me ne vado dall’Inter” perché ufficialmente non sono un dirigente nerazzurro, ma che non verrò mai a lavorare per lei, questo sì, glielo posso dire.
Nel volume Moggi ovviamente si occupa anche di Calciopoli gettando ombre sui comportamenti di altre società (in particolare Inter e Milan) e dicendosi pronto a non mollare anche di fronte alla sentenza di condanna in appello arrivata il 17 dicembre 2013.
Quindi una serie di giudizi taglienti sui calciatori. Se Dino Baggio è “una pippa”, sorprendono le parole su Alessandro Del Piero:
Le bandiere non prendono palate di euro a stagione, con la firma sul contratto che arriva solo dopo trattative estenuanti.
Moggi definisce Zinédine Zidane “un genio, non un leader” perché “alla Juve, in campo e negli spogliatoi, il faro era Antonio Conte”. Solo apprezzamenti per Lippi, Capello e Ancelotti considerato una “persona splendida, ragazzo buono, un buono, fin troppo per il mondo del calcio”.
Infine il riferimento a Perugia – Juve del 2000, giocata sotto il diluvio e che costò lo scudetto ai bianconeri (vinto dalla Lazio):
Partita e scudetto. Persi per colpa dell’arbitro Pierluigi Collina. Una delle più vergognose pagine del nostro calcio. Ma quel giorno sbagliai io. Avrei dovuto ritirare la squadra: prenderla e riportarla a casa (…) Nel maggio 2000, magari rideva anche il Milan, visto che il suo avversario storico, la Juventus, aveva perduto il campionato. E magari in cuor suo rideva anche Collina, viste le telefonate intercettate ed emerse nel processo di Calciopoli, in cui era palese l’amicizia tra il fischietto viareggino e i dirigenti milanisti.
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